“LA VERA STORIA DEL CAVALIERE MASCHERATO” tratto da Brecht al Teatro di Villa Lazzaroni in Roma

Dall’11 al 14 gennaio al Teatro di Villa Lazzaroni in Roma va in scena lo spettacolo LA VERA STORIA DEL CAVALIERE MASCHERATO drammaturgia di Giancarlo Sammartano e Alessandro De Feo, con Ludovica Alvazzi del Frate, Matteo Baronchelli, Piera Di Palma, Chiara La Gattuta, Andrea Lami, Antonio Magliaro, Marco Rinaldi, Enrico Maria Ruggeri, Alessandro Zinna, regia di Alessandro De Feo.

Liberamente ispirato dal frammento Das wirkliche Leben des Jakob Geherda (La vera vita di Jacob Geherda), da poesie e da altri testi teatrali di Bertolt Brecht, lo spettacolo ruota intorno alla figura del cameriere di un infimo albergo berlinese – alle soglie del ’33 del ‘900 – vessato da padrona e clienti, che per vendicare la violenza subita dalla cameriera Sylvia di cui è segretamente innamorato, si trasforma in un temibile Cavaliere mascherato, sfidando in ripetuti e grotteschi duelli (sciabola, estemporanea di pittura, colloquio d’affari) il ricco e brutale violentatore della sua amata.



Ma sono solo sogni, scanditi da dolorosi risvegli. In un clima che oscilla tra la grigia realtà dell’albergo e il colore della fantasia – clownerie, Commedia dell’Arte, baracconate – Geherda disegna i tratti di un’umanità degradata che solo in sogno riesce a vivere con dignità e coraggio il suo stare al mondo. Che fare per avere il Pane imbottito di un po’ di Giustizia? A volte l’esecuzione di un pezzo imperfetto e dimenticato può essere davvero un vantaggio per l’attore.

Brecht non ha mai spiegato perché l’opera, presentata per la prima volta da Peter Palitzsch allo Schauspielhaus di Düsseldorf nel 1983, sia rimasta un frammento ed i suoi biografi difficilmente ne parlano. Mentre era in esilio in Danimarca, il poeta decise di scrivere quest’opera “realizzata con il materiale più durevole possibile.” Il fascino di quest’opera di Brecht risiede proprio nella sua natura incompiuta, nella miscela ingenua e spensierata di un approccio disinvolto alla realtà e di una delucidazione critica della struttura del conflitto sociale, tipica ancora oggi.

 Brecht potrebbe riferirsi in quest’opera non solo a un pessimo bar da qualche parte sulla Sprea o in Florida, ma anche a uno Stato in crisi i cui cittadini medi devono lottare per la sopravvivenza per tutta la vita. Geherda ci riesce a malapena perché si adatta umilmente e tiene costantemente la bocca chiusa nel suo lavoro. Ma almeno sogna di non nascondersi in modo codardo. Nel sogno racconta coraggiosamente la verità che, ad esempio, i giovani ospiti maleducati e invadenti di un club di vela hanno molestato la lavapiatti Sylvia. Si fa addirittura avanti per essere il suo salvatore e garantisce la giustizia come un “cavaliere nero”.  Brecht, una vera volpe dialettica, fa intravedere anche che Gehherda, purtroppo, ha le carte in regola per diventare da un giorno all’altro un piccolo Hitler, perché, ad esempio, tiranneggia Frau Lange, la cuoca.

Si tratta del ritratto di un essere povero e malconcio che si tormenta perché non si sente a suo agio in una pelle resa ruvida dalle circostanze e dalla caverna nella quale vive spunta il riverbero del desiderio di una vita migliore.

Carlo Marino

photos copyright 2023 by #carlomarinoeuropeannewsagency

Published by historiolaeartis

Journalist http://kaarlo.marino.en-a.eu/partner_info/

Verified by MonsterInsights