Courbet frequentò, tra gli altri: Charles Baudelaire, Pierre-Joseph Proudhon, Jules Champfleury e Max Buchon, cugino e amico d’infanzia di Courbet.
Il gruppo si riuniva alla Brasserie Andler nella quale venne coniato il termine Realismo per indicare non solo una poetica artistica e letteraria animata dall’intento di descrivere la vita quale effettivamente è, ma anche una filosofia legata alle istanze sociali del momento. Nel febbraio del 1848 la società fu scossa violentemente dallo scoppio dei tumulti per la strade di Parigi. Il re, Luigi Filippo, abdicò e un governo repubblicano provvisorio prese il potere. Il Maestro si schierò con l’insurrezione popolare, anche se prese poca parte alla lotta. Courbet pensava che l’arte non potesse essere appresa meccanicamente, ma che fosse l’individuale risultato dell’ispirazione dell’artista. Per tale motivo, egli non impartiva mai lezioni teoriche, ma dava la possibilità agli allievi di stargli accanto mentre dipingeva, al fine di apprendere i segreti del mestiere. Fu un artista la cui sete di realismo vantava radici culturali lontane e la tecnica che adoperò fu innovativa e personale.