Con 71 importanti opere, la mostra indaga i modi in cui artisti di epoche diverse si sono relazionati con la tecnologia, con il suo fascino, con le sue utopie oppure con i suoi demoni, anticipando o riflettendo radicali cambiamenti sociali e culturali.
La relazione tra soggettività umana, l’ arte e la tecnologia affonda le radici nei concetti arcaici definiti dai termini greci téchne, ovvero arte nel senso di saper fare, abilità, mestiere, e logos, parola, discorso, ragione. La tecnologia, protesi dell’essere umano, sin dagli albori dei tempi è servita per creare strumenti utili alla società, quali utensili, macchine, apparecchi per trasportare, comunicare o di uso bellico.
La tecnologia si è sviluppata a partire dalla prima pietra utilizzata dagli umani all’uso del fuoco, del ferro, alla scoperta della terracotta, alla ruota, allo specchio, alla carta e alla stampa, all’elettricità, al telefono, a internet, fino all’applicazione congiunta di genetica, nanotecnologie, digitale, robotica e intelligenza artificiale.
Il percorso espositivo prende l’abbrivio idealmente dalla ceramica greca, dove è evidente la collaborazione tra il sapere del vasaio e quello del pittore: l’Hydria attica a figure rosse (470-460 a.C.) del Pittore di Leningrado, grande capolavoro dalla raccolta di ceramiche attiche e magnogreche di Intesa Sanpaolo (la storica collezione Caputi custodita nelle Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari a Vicenza), descrive mirabilmente pittori ceramici al lavoro nell’atto di essere incoronati da Atena, dea della techné, e da due Vittorie alate.
Carlo Marino
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