Liolà di Luigi Pirandello al Teatro Quirino in Roma

Dal 4 al 16 febbraio andrà in scena, inserito nell’ottimo cartellone 2020 del Teatro Quirino in Roma , “Liolà” di Luigi Pirandello per la regia di Francesco Bellomo. Gli interpreti sono ENRICO GUARNERI (Zio Simone), Roberta Giarrusso (Tuzza) Alessandra Ferrara (Mita), Margherita Patti (Zia Gesa) Alessandra Falci (La Moscardina), Sara Baccarini (Luzza) Giorgia Ferrara (Ciuzza) Federica Breci (Nela). Nadia Perciabosco interpreta il ruolo di Zia Ninfa e Anna Malvica è Zia Croce.
Questa pièce fu definita dallo stesso Pirandello «commedia campestre in tre atti» ed è una filiazione del capitolo IV del romanzo II fu Mattia Pascal (1904) e della novella La mosca, che apre l’omonima raccolta di Novelle per un anno. Se ne fa risalire la stesura in dialetto agrigentino all’agosto-settembre 1916. La trascrizione in italiano, a opera dello stesso Pirandello, fu pubblicata da Bemporad, Firenze, nel 1928.
Si tratta di una commedia siciliana, ma più che la ricerca di tipo naturalista o gli aspetti folkloristici, Pirandello si sforzò di rappresentare Liolà, lo spensierato protagonista, il dongiovanni rurale, che con il suo comportamento mette allegramente in subbuglio la costumata società in cui vive. Liolà potrebbe essere anche accostato all’archetipo del maschio italiano e non soltanto del siciliano.
Nelle note di regia Francesco Bellomo ha scritto: «Liolà è una commedia d’ambiente siciliano che trae spunto dal quarto capitolo del “Fu Mattia Pascal” e dalla novella “La mosca”. In questa edizione, abbiamo scelto di collocare il periodo storico a cavallo dei primi anni ’40, mentre il contesto scenografico ci riporta al borgo marinaro di Porto Empedocle, con le costruzioni di un bianco accecante che le incastona perfettamente nel paesaggio della scala dei Turchi, adiacente la casa natia di Pirandello. Questo espediente consente una ricollocazione oltre che di luogo, anche del modo di esprimersi, infatti gli anziani parleranno con cadenze dialettali più accentuate rispetto al linguaggio italianizzato dei giovani. La revisione riguarda anche le caratteristiche dei personaggi: Liolà un don Giovanni senza morale, che con il suo comportamento, scombussola l’apparentemente morigerata società in cui si muove. Zio Simone Palumbo diventa un commerciante di zolfo che governa le attività economiche del borgo, tentando di camuffare con le ricchezze, la sua impotenza. Accanto a lui, si muove uno spaccato di società dove attraverso intrighi, vendette incrociate, domina la brama di benessere materiale, che pervade gli altri personaggi. In particolare la Zia Croce e sua nipote Tuzza ma dalla quale non è immune la stessa Mita, che ha accettato spronata da sua Zia Gesa, di sposare il ricco Zio Simone per acquisire una solida posizione sociale. Se è vero che la gioia di vivere, la spensieratezza della commedia, prevalgono su qualsiasi tipo di complicazione intellettualistica, qui Liolà, il trasgressore delle regole, è l’unico personaggio positivo, mentre gli altri sono interessati, egoisti e gretti. Ma un senso di giustizia lo induce a infrangere le regole della moralità comune, spontaneamente senza rendersene conto. Questa commedia fa ridere ma non è gioconda, è allegra con cattiveria a spese di tutti. Nel testo, si sente sempre la presenza di un ingegno creatore, che ha quasi la tristezza dell’opera che immagina e una superiore ironica pietà dei personaggi, che fa ridere. Come disse Antonio Gramsci “Liolà è il prodotto migliore dell’energia letteraria di Luigi Pirandello, è una commedia che si riattacca ai drammi satireschi della Grecia antica, Mattia Pascal, il melanconico essere moderno, vi diventa Liolà, l’uomo della vita pagana, pieno di robustezza morale” ».
Carlo Marino
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