Mother Fortress un film sul bene e sul male di Maria Luisa Forenza


Al quarantesimo meeting internazionale di Rimini sta per essere proiettato in anteprima MOTHER FORTRESS, il film-documentario di Maria Luisa Forenza che racconta la pericolosità quotidiana delle vite di religiosi nella Siria travolta dall’ inarrestabile guerra.
MOTHER FORTRESS, che sarà proiettato il 24 agosto all’Arena Percorsi A2 del Meeting di Rimini all’interno della sezione “Incontri” ed introdotto dalla stessa Forenza, diplomata in Regia al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma, è stato definito dalla critica, tra l’altro, “una riflessione sul male e sul bene intesi in senso metafisico”, “un road movie nella luce mediterranea”, il tutto curato con un’estrema attenzione all’immagine, nella ricerca di un’iconografia pittorica mistica, della sacralità in un’atmosfera infernale, oltre ad una personale concezione del tempo. Esplorazione non della guerra, ma della condizione umana in tempo di guerra, il film si rivela un viaggio materiale e spirituale, una ‘storia d’amore’ con destinazione Roma dove il senso del racconto si rivela.
La regista ha dichiarato:“C’è un tempo cronologico fatto di momenti che si susseguono. E c’è l’hic et nunc, che è il momento della dilatazione dell’io, che accade nella mistica come nell’arte. È un “esserci”, il momento di massima penetrazione e percezione di te stesso e del mondo che ti circonda. In chiave cristiana è il Kairos, il momento in cui sei talmente dentro le cose… le cogli, ti cogli con una tale consapevolezza, che diventa un momento di rivelazione, quasi di eternità.”
Testimone di un attacco dell’ISIS a Qarah e al Monastero nel 2015, Forenza racconta: “Ho filmato quello che c’era realmente ovvero il silenzio, eravamo rimasti tutti muti. Ho filmato l’accaduto: la drammaticità del silenzio. Ognuno in quel momento si è assunto la responsabilità della propria esistenza, una dilatazione che ho cercato di cogliere con lo spazio vuoto e con il suono”.
È stato nel corso di alcune conferenze negli Stati Uniti nel 2013 che la regista ha avuto modo di ascoltare, conoscere e iniziare a filmare Madre Agnes, badessa del Monastero di Qarah, a nord di Damasco, che veniva a raccontare ciò che stava accadendo in Siria, e in particolare nei territori di Aleppo e Deir Ez-Zor, insidiati dal pericolo di Al Qaeda e ISIS.
Nel 2014 Forenza decide di raggiungerla per conoscere la sua comunità monastica internazionale (proveniente da Antico e Nuovo Continente) e vi ritorna altre volte fra il 2015 e il 2017, seguendo un convoglio umanitario che si inoltra fino all’Eufrate per portare assistenza ai siriani sfollati e colpiti dal terrorismo. Madre Agnes, assieme a monaci, monache provenienti da Francia, Belgio, Portogallo, Libano, Cile, Venezuela, Colorado-USA (di cui alcuni ex-giornalisti), affronta gli effetti della guerra in Siria sul suo monastero, situato ai piedi delle montagne al confine con il Libano dove ISIS insidiosamente si nasconde.

Nonostante sia esso stesso obiettivo di attacchi, il monastero accoglie orfani, vedove, rifugiati (cristiani e sunniti), vittime di una guerra fratricida che dal 2011 ha prodotto caos e devastazione. Organizzando un convoglio di ambulanze e camion, che percorrono strade controllate da cecchini, Madre Agnes persegue la rocambolesca missione di fornire aiuti umanitari (cibo, vestiti, medicine) ai siriani rimasti intrappolati nel paese.

Carlo Marino #carlomarinoeuropeannewsagency
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