L’opera è fortemente collegata ad un particolare clima culturale, quello della gioventù patrizia veneziana nel momento “edonistico” di massima espansione politica, alla vigilia del grande ridimensionamento a cui sarà obbligata la Serenissima.
Il doppio ritratto di Giorgione si trova nelle collezioni di Palazzo Venezia, ma è attestato a Roma fin dall’inizio del Seicento, come prova dei legami storici che legano la figura di Giorgione a Roma, nel quadro di una rete di rapporti diplomartici intercorsi tra Venezia e la Città eterna. Il proscenio privilegiato di tali relazioni fu proprio Palazzo di Venezia ed il personaggio chiave fu il committente del pittore di Castelfranco ossia il cardinale Domenico Grimani che, con papa Paolo II Barbo, fu uno dei “tessitori” della trama dei rapporti politici, diplomatici e culturali tra i due stati tra la fine del Quattrocento e i primi due decenni del Cinquecento. Ed è proprio nell’Appartamento Barbo che si sviluppa la prima sezione della mostra, dedicata a quelle vicende storiche e alla straordinaria novità de i due amici di Giorgione nelle vicende artistiche del primo ‘500.
Carlo Marino