La grande Ute Lemper a Roma

 

La carriera di Ute Lemper è straordinariamente varia grazie alla sua notevole versatilità che l’ha portata a coprire ruoli di attrice di teatro e di cinema, di cantante e di ballerina riscuotendo sempre grande successo. È stata acclamata dovunque per le sue interpretazioni delle Canzoni del Cabaret di Berlino, delle opere di Kurt Weill, della canzone francese e per le sue performances a Broadway e nel West End di Londra.

Ute Lemper porta a Roma (al Teatro Brancaccio sabato 27 maggio alle ore 21) Songs for Eternity, un progetto cui è particolarmente legata e che prevede un repertorio di canzoni scritte nei campi di concentramento da musicisti ebrei deportati, molti dei quali morirono nelle camere a gas. Sono canzoni di grande bellezza, con parole struggenti, spesso scritte da poeti. Ute Lemper è nata a Münster, 4 luglio 1963, in Germania, ha completato i suoi studi all’Accademia di Danza di Colonia ed allla Scuola di Arte Drammatica Max Reinhardt di Vienna.

Il suo debutto musicale ha avuto luogo sulla scena dell’originale produzione viennese di Cats, dove impersonava i ruoli di Grizabella e di Bombalurina. In seguito è stata Peter Pan in Peter Pan (Berlino) e Sally Bowles nel Jerome Savary’s Cabaret (Parigi), ruolo per il quale ha ricevuto il premio Molière per migliore attrice di Musical. Ha recitato nel ruolo di Lola nell’Angelo Azzurro (a Berlino) e Maurice Béjàrt ha creato per lei il balletto, “La mort subite”. Ute Lemper è anche apparsa in Weill Revue, con il Tanztheater di Pina Bausch.

I concerti da solista di Ute Lemper sono stati presentati in tutto il mondo presso teatri prestigiosi come La Scala e Il Piccolo Teatro di Milano, il Théatre de La Ville, il Théatre National de Chaillot, Les Bouffes du Nord di Parigi, il Palau de la Musica di Barcellona, la Sydney Opera House, il Berliner Ensamble, il Barbican Centre, la Royal Festival Hall, la Queen Elizabeth Hall, l’Almeida Theatre di Londra, l’Alice Tully Hall, il Lincoln Center di New York,, l’Herbst Theatre di San Francisco e la Westwood Playhouse di Los Angeles.

 

Ci sono canzoni dai tratti molto diversi: alcune sono art songs, altre sono impressionistiche e avventurose, altre nello stile di Kurt Weill, ci sono canzoni con atmosfere alla Klezmatics (il celebre gruppo newyorkese di klezmer guidato dal grande trombettista Frank London) e dal forte sentimento ebraico, ma anche ninne nanne, pagine di ribellione e speranza e altre d’irrimediabile disperazione. Il modo in cui cerco di renderle è semplice, sincero e diretto. In questo caso sono più una medium che altro e mi concentro su lacrime, energia e protesta verso il mondo”, spiega Ute Lemper e aggiunge “Come tedesca nata in Germania dopo la guerra, sento la responsabilità e la necessità etica di testimoniare la storia dell’Olocausto, alla quale sono molto sensibile e che mi tormenta. Voglio così non solo rendere omaggio alla cultura ebraica, ma anche stimolare il dialogo su questo terribile passato. Il 27 gennaio 2015, a 70 anni dalla liberazione di Auschwitz, sono stata invitata a cantare canzoni del ghetto ebraico e dei campi di concentramento per commemorare l’Olocausto di Roma ed è in quest’occasione che ho conosciuto Francesco Lotoro, musicista che ha dedicato la sua vita alla ricerca delle canzoni e delle musiche scritte nei campi di concentramento: ne esiste una collezione enorme ed è importante che sia ricordata per l’eternità. È un impegno che ho assunto già nel 1987 quando sono stata protagonista di una grande serie DECCA dal titolo ‘Entartete Music’ che presentava i compositori ebrei e la loro musica bandita dai nazisti. Con Songs for Eternity, continuo questa missione, che raggiunge così la sua massima estensione emozionale. Col procedere della ricerca sono stata sopraffatta dalle storie che stavano dietro i brani scritti nei ghetto e nei campi di concentramento. Alla fine ho messo insieme una raccolta unica, la collezione di canzoni di Vevel Pasternak del 1948, e quella di Ilse Weber, pubblicata dal marito negli anni Novanta, molto dopo essere sopravvissuto ad Auschwitz. Entrambe le collezioni mi sono state donate dalla mia cara amica Orly Beigel, che è per metà messicana e per metà israeliana e figlia di una persona sopravvissuta all’Olocausto.”

Carlo Marino

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