Enotria Sibillina ( Carlo MARINO)©

Il senso di lassitùdine che mi portavo dentro da qualche giorno cominciò a svanire sul portale che introduceva alla tua villa. Si intravedevano già i filari eleganti fare da corona alla magione dei tuoi avi.

“Ciao, caro!” dicesti accogliendomi col tranquillo tuo sorriso da yogin. Ci avevi messo tutta la tua forza per preservare e migliorare l’antica arte dei tuoi. E ne andavi orgogliosa. Tu, dai lunghi capelli corvini, ormai artista affermata. Avevi fortemente voluto che anche il tuo vino affiancasse l’estro artistico. Le tue tele dove a dominare era il color rubino. Non ho più dimenticato quella serata di fine novembre, il terrazzo adorno ad accogliere i profumi della natura. Suadenti, come i tuoi ospiti. Amici selezionati nel tempo, come i grappoli trasformati per invecchiare bene. Ci conducesti, poi, fida dispensatrice, nel salone, dove avevi apparecchiato un’antico tavolo ingentilito da un drappo di lino con azzurri tralci a ricamo. Brindammo, in un’atrosfera onirica, delibando il novello nettare della tua terra, frutto di uva vendemmiata nella prima decade di ottobre, dopo accurata selezione, diraspata, pigiata, vinificata. La facevi poi maturare in botti di rovere di Slavonia. M’inebriavo alla sola fragranza, gradevole, persistente. Il vino si faceva cultura nel nostro discorrere.

Il miele del cuore del poeta cieco. In Armenia, la sua remota origine, dove selvaggia era la vite, una liana rampicante del Ponto.

– ” Sì, gli indo-europei, pare non conoscessero né il vino né la vite finché non giunsero a vedere le coste del Mediterraneo” .

– “La parola uoi-no racchiude la radice indo-europea uei che sta ad indicare l’avvitarsi della latina vi-tis”

– “Quella vitis che per Domiziano, nel 92 dopo Cristo, era la vite ed insieme la vigna e di cui ordinò l’espianto nelle provinciae di Roma per far spazio al grano di cui la penisola italica aveva estremo bisogno. Ma la produzione del vino rimase in Enotria, nella terra del vino, così battezzata già dai greci. ”

– “E all’epoca neppure la felice Provenza produsse più tanto vino. Alcuni vigneti di Bordeaux, però, furono risparmiati”

– “Fu Ausonius, poeta e rampollo di un senatore romano, uno dei fortunati a poter salvare i propri vigneti, quando, al termine di una brillante carriera forense, si ritirò a vita privata nella sua tenuta fuori le mura di Saint Emilion”.

E via discorrendo. Poi fosti tu a ricordarci che, dall’anno mille in poi, i vini ebbero in Europa un’importanza superiore a quella della lana, stimolando l’espandersi di grandi traffici. E che fu il Tun, la grande botte da vino da novecentocinquanta litri circa, l’unità di stazza delle navi e che poi divenne il ton che designò la tonnellata.

E così rivangammo, simili ad archeologi della parola, la storia, dal caldo abbraccio del tuo esserci. Sibilla ebbra di kykeon.enotriasibillina1

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